Fiabe e racconti

Pierino angelo elettricista - La riconoscenza

Racconto scritto da don Nereo

Il mio angioletto elettricista si fa vivo, dopo lungo tempo, la sera dell'Epifania. Dopo i miei calorosi saluti, notando la sua solita calma, quasi lo aggredisco:
- Ma come? Mi saluti così senza entusiasmo dopo tutto il tempo trascorso dall'ultimo incontro?-
Quasi meravigliato e forse un po' offeso, mi risponde:
- Io ti passo molto spesso accanto; ti vedo, ti saluto, tento di fermarti, ma tu non ti accorgi neppure di me. Solo ora mi hai notato!-
Rimango mortificato e gli faccio le mie scuse. Aggiunge:
- Ti ho portato un bel libretto che la nostra Befana mi ha donato stamattina. E' una bella favola e credo ti piacerà, se vuoi darci un'occhiata-. Così nella tarda serata mi trovo a leggere d'un fiato ciò che ora riassumo per voi, piccoli amici.

Una volta, il gran re, signore dei tempi, uscendo a cavallo dal suo splendido castello dopo parecchie settimane di assenza dal regno, volle dare un'occhiata alla situazione dei suoi sudditi. Così si accorse che la sarta era a corto di stoffe, che il falegname faticava a lavorare perché la morsa era rovinata, che il fabbro avrebbe avuto bisogno di un mantice nuovo, che le lavandaie usavano un sapone poco delicato perché era esaurita la scorta. Che...Insomma, decise di dare una mano alla sua gente, fornendo materiale adatto ad ognuno. E così fece immediatamente. Dopo qualche giorno passò in città cavalcando tranquillamente e curiosando per notare se la situazione fosse migliorata. Subito fu attorniato da tante persone che lo ringraziavano dei doni e lo lodavano per la sua generosità, per il suo intuito, la finezza dei gusti nelle scelte e attenzioni avute... E intanto notava che la sarta teneva in vetrina in bella mostra le migliori stoffe che egli le aveva regalate; che il contadino aveva appeso a mo' di insegna sopra il portone del suo porticato la zappa e la falce di ottimo acciaio ricevute in dono. Vide che il bottaio aveva dipinto e decorato con il proprio nome la botte nuova di rovere, eretta come tavolo davanti a casa. Sentì raccontare dalle lavandaie chiacchierine che il suo sapone profumato lo avrebbero conservato come graditissimo ricordo.
Solo Gualtiero, il fabbro, fu molto spiccio: interruppe il suo frenetico picchiare sull'incudine per salutare il re e ringraziarlo con un largo cordiale sorriso e poi tornò velocemente in officina a picchiare sul ferro caldo. Il buon re quasi ci rimase male, ma, comprensivo com'era, lasciò correre.

L'indomani, uscendo, notò la stessa cosa: tanta folla riconoscente attorno a sè, che lo accompagnò festante ad ammirare tutti i suoi regali esposti in bella mostra puliti e lucidati e conservati nuovissimi; e il solito Gualtiero frettoloso. Così il giorno seguente e l'altro ancora.

Dopo una decina di giorni, uscendo per la città come al solito, s'era fermato sulla piazzetta dove lavoravano il fornaio, il fabbro Gualtiero, il vetraio col suo bel tagliavetri ultimo modello efficientissimo che il suo signore gli aveva portato dall'estero e che lui non usava per timore di rovinargli l'impugnatura ricamata.

Il re entrò dal fornaio che l'aveva invitato con mille inchini e stucchevoli insistenze, per ammirare il bancone nuovo, un suo regalo naturalmente, e intanto aveva lasciato sulla piazza lo scudiero a custodire la cavalcatura. Entrato in bottega, il re potè vedere il bancone in bella mostra, spolverato e lucido come un mobile da esposizione, mentre il garzone serviva la clientela estraendo le pagnotte calde dal solito cestone sgangherato.

Il re non ci rimase molto bene perché aveva osservato che tutti i suoi dono non venivano usati.

Quando, uscito, fu sul punto di montare a cavallo, notò Gualtiero rientrare frettoloso in bottega, ma non senza girarsi prima di varcare la soglia, con un largo furbo sorriso e un inchino veloce al suo re. Anche lo scudiero aveva dipinto in viso un insolito sguardo compiaciuto e un sorriso celato sotto i grigi baffoni.

Il re, mettendo il piede nella staffa, si accorse della novità: la staffa vecchia e consunta era sostituita da una nuova e fiammante, cesellata in ferro battuto, rivestita di borchie a bassorilievo e decorata con l'insegna reale in oro zecchino. In un colpo d'occhio notò allora che tutta la bardatura del suo destriero era rinnovata e sfavillante.

Quel caro, intelligente e bravo Gualtiero! Lui sì aveva fatto buon uso dei doni ricevuti dal suo re. Il suo ringraziamento era stato il meno parolaio, ma il più vero. E fu così che l'indomani una delegazione guidata nientemeno che dal figlio del re venne a prelevare Gualtiero e la sua famiglia per condurlo all'interno del castello, con la nomina di artista-fabbro di corte.

-Perché -concluse il re- la riconoscenza per un dono chiama altro dono. E la riconoscenza si vede dall'uso che se ne fa dei doni ricevuti!-

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