L'angolo della scuola

Questione della lingua italiana nell'800: Puristi, Classicisti, Romantici

#1004 Il 30/03/2013 Chiacchierina di 13 anni ha scritto:
Cioè,c'era ilproblema dell'anafalbetismo e c'erano per esempio i puristi,i classicisti,i romantici,graziadio isaia ascoli ok non so come spiegarmi spero che tu abbia capito :3

La mia risposta:

Ahhh si, si, ora ho capito! Ok, vediamo cosa posso fare, ti do qualche informazione che ti possa essere utile, se poi hai bisogno di altro chiedi pure!

A causa della divisione politica della penisola italiana nel corso dell'Ottocento non possiamo parlare di una lingua nazionale uniformemente diffusa; in questo periodo perciò, oltre a presentarsi il problema di "fare l'Italia" (creare quindi un paese unito), si presentava anche quello di "fare una lingua", che rappresentava il primo passo da compiere per raggiungere l'unità.
Si apre perciò una nuova questione della lingua italiana che vede scontrarsi diverse linee di pensiero, quelle dei:
- puristi
- classicisti
- romantici

PURISTI: sono a favore dell'infranciosamento (una nuova lingua quindi che si rifaccia a quella francese), e professano il ritorno alla lingua della Crusca, quindi il toscano trecentesco della tradizione letteraria e accademica (la lingua di Dante, Petrarca, quella della letteratura elevata, solenne). Il principale esponente dei puristi è Antonio Cesari, che prepara una nuova edizione del Vocabolario della Crusca, e sostiene che la lingua avesse raggiunto il suo stato di perfezione nel 300; quindi vuole tornare ad utilizzare la lingua diffusa a quel tempo (sempre quella di Dante e Petrarca, quella più arcaica, piena di latinismi, elevata)

CLASSICISTI: questi, contrapposti ai puristi, desideravano una lingua comune, aperta anche agli apporti non toscani. I principali esponenti sono: Pietro Giordani, che vede nell'intellettuale il ruolo di guida per la nazione, Vincenzo Monti e Giulio Perticari, che individuano la lingua nazionale in quella letteraria-moderna, non in quella della letteratura del 300 (quella di Dante, Petrarca ecc. come invece volevano i puristi).

ROMANTICI: questi sono i primi a notare l'eccessiva differenza tra la lingua letteraria e quella parlata. Il principale esponente è Alessandro Manzoni, che è molto importante per questo movimento perché fa il possibile affinché venga adottato il fiorentino vivo come base per la lingua nazionale e anche affinché si abbandoni quella lingua scritta, accademica e retorica, sentita come morta dalla popolazione (quella tipica della letteratura, elevata, solenne e pesante nel parlato quotidiano). Inoltre, alla base del movimento romantico, c'è la visione dell'individuo e della nazione come individuo e nazione "collettivi", e non singoli; altra grande testimonianza della ricerca di una forma di unità.

Un paragrafetto a parte per Graziadio Isaia Ascoli, che sostiene che non si può dimenticare il passato della lingua, della tradizione. Bisogna analizzare i motivi per cui l'Italia è caduta in quella situazione di frammentazione tipica dell'800 e eliminarli, ricercando la vita collettiva ed unitaria. Egli si schiera contro Manzoni, in quanto afferma che il fiorentino vivo è un dialetto come tutti gli altri, e non può rappresentare la base della nuova lingua italiana comune, che deve nascere invece da quel patrimonio e da quella cultura condivisa da secoli dalla penisola italiana.

Ora ti è più chiaro? Se hai bisogno d'altro, riscrivici:)
A presto!

Corin

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