Fiabe e racconti

Pierino angelo elettricista - Il signor "Grazie"

Racconto scritto da don Nereo

Sono indaffaratissimo e corro qua e là per arrivare a preparare l'incontro attivo con i giovani. E il mio amico Pierino angelo elettricista mi sgambetta dietro parlando di non so che. Ad un tratto mi si para davanti, con le mani sui fianchi, e con tono di voce alterato mi dice:

"Fermati! Tu "vivi di corsa". Adesso ti siedi e mi ascolti!"

Ubbidisco e mi lascio cadere su una sedia, anche perché sono piuttosto stanco. Lui si calma un attimo, poi mi dice:

"Ti racconto la storia del signor "Grazie". In realtà si chiama Diego, ma il suo angelo custode ed io la chiamiamo Grazie. L'ho accompagnato poco tempo fa per la seconda volta alla porta del Paradiso, con una splendida luminosa lampadina. La prima volta l'avevo accompagnato con tristezza e con una lampada quasi spenta, quando aveva diciannove anni. Era un invasato: sempre di corsa a divertirsi e a fare sbrigativamente quello che era costretto a fare. Non si fermava mai, come l'argento vivo; non sostava mai a pensare a quello che poteva o doveva fare. Così viveva "galleggiando" sopra le persone e le cose; finché andò ad arrestarsi con la moto contro un platano. Stavamo per arrivare alla porta del Paradiso quando ci raggiunse un angelo che mi disse:

"Scusa, Pierino: contrordine. Il Padreterno ha visto il pianto della mamma di Diego e ha deciso di dare un'altra possibilità a questo scapestrato".

Diego, che era mogio mogio, si illuminò con un largo sorriso e sbottò entusiasta: "Non perderò questa occasione, ve lo prometto!"

Diego si risvegliò dal coma in ospedale, guarì, tornò a casa e alla sua vita, ma... ogni giorno quando si svegliava si ripeteva: "Mio Dio, questo è un giorno regalato. Grazie!"

Così, nel cuore o anche a voce alta, ripeteva "Grazie" di fronte alla colazione, alla luce dell'aurora, alla pioggia che rinfrescava l'orto, all'aria fresca di febbraio e al caldo di luglio, al mare e ai monti. Si fermava a sedere spesso, primo o dopo il lavoro in fabbrica, a guardare e a pensare ogni cosa come un dono in più, ripetendo "Grazie". Il grazie più sentito lo diceva per la sua mamma e i familiari, per gli amici che ascoltava volentieri senza la confusione del solito bar dei mattacchioni. Diceva "Grazie" per il sorriso delle ragazze carine che lo guardavano come se fosse una persona nuova (perché, in realtà, lo era), che non correva più senza meta, parlava meno, sorrideva e pensava di più. E grazie per Manuela che sposò e per i figli e i nipoti. Disse "Grazie, mio Dio" l'ultimo giorno, l'ultima ora e l'ultimo minuto della sua vita..."

Il mio amico Pierino non aggiunge altro. Rimane ancora seduto accanto a me in silenzio per qualche tempo; poi si alza, mi guarda abbozzando un mezzo sorriso e se ne va lentamente. Io rimango ancora seduto, rilassato e pensoso.

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