Fiabe e racconti

"Il viaggio" - Intervista all'autore

Palermo, 4 giugno 2020 ore 11:00 (Intervista mediata dall'applicativo Zoom)

Istituto Comprensivo Statale "Colozza-Bonfiglio" via Imera - Palermo.

Docente coordinatrice dell’intervista: Antonella Geraci
Docenti che hanno coordinato gli alunni e posto le domande:
Bacchi Maria Rita, Porrovecchio Gaetano e Vaccarella Maria.

Alunni del plesso Colozza che hanno preso parte all'intervista:

  • B. Ivan
  • F. Michele
  • F. Sebastiano
  • G. Flavio
  • P. Sara
  • T. Luigi
  • C. Giuseppe
  • G. Eric
  • L. M. Emmanuel
  • M. Kevin
  • P. Gabriel
  • R. Samuele
  • S. Naomi
  • S. Asia
  • A. Federica
  • B. Melita
  • B. Andreea
  • F. Aurora
  • I. Clarissa
  • L. V. Alicya
  • L. P. Sofia
  • P. Marco
  • P. Chiara

Ha mai pensato che un giorno avrebbe scritto poesie?

Sinceramente no, non credo che sia qualcosa che qualcuno possa prevedere, ritengo piuttosto che se guardo indietro nella mia generazione paterna, ho traccia e memoria di persone che hanno coltivato la passione della poesia, penso al mio bisnonno, il m.stro Franco Finistrella, che amava comporre poesie in vernacolo siciliano, che ammirava e definiva Giovanni Meli, come il Dante Siciliano, ma è stato anche paroliere per la canzone siciliana come Mogol lo è per la canzone Italiana.

Sua infatti è la canzone Nicuzza. Poi penso anche alla mia trisavola paterna della quale conservo un volume di poesie che sono perlopiù vissuti dell'animo, quasi una sorta di biografia familiare.

Quindi in un modo o nell'altro, la vena poetica doveva forse contagiarmi, seppur, come dico sempre possiamo avere nel nostro DNA una passione, ma le condizioni affinché possa essere tale passione esternata non è possibile affidarla solo o esclusivamente alla genetica.

Come ha scoperto la sua passione per la poesia? C'è un'immagine nella sua memoria che ricollega al momento in cui ha deciso di voler diventare poeta?

Non so dire, in tutta onestà, come nasca tale passione, come dicevo prima, probabilmente è già in noi per fattori ereditari, ma anche per la vicinanza o per dei trascorsi vissuti accanto a chi mi ha arricchito con la propria esistenza e così con la sua quotidiana poesia. L'immagine, molto simpatica è, ancora una volta, quella del mio bisnonno paterno, che non lasciava mai che una ricorrenza, una festa, un compleanno trascorresse senza che avesse letto una sua poesia, a volte leggera, ma mai banale, dedicata all'evento o al festeggiato.

Cosa rappresenta per lei la poesia?

La poesia ha per me diversi significati, rappresenta ad esempio un dialogo profondo con l'esistenza materiale o ideale, sia dunque qualcosa di animato, come un uomo o un animale, ma anche inanimata, gli oggetti del vivere, come quelli che fanno parte dei nostri ricordi o legati ad un nostro vissuto o al vissuto di una persona a noi cara, ma rappresenta anche l'immateriale, ciò che non possiamo cogliere con i nostri sensi naturali, è un movimento interiore che agita la nostra coscienza, a volte, la inganna persino e, altre volte, è lei che ci prende a botte ed è il momento in cui, probabilmente, riusciamo ad esternare il meglio. Non mi sorprende che quando ciò accade vengano fuori poesie o opere uniche, irripetibili. Accade anche quando i sogni entrano nella poesia, non mi riferisco a ciò che sogniamo semplicemente mentre siamo vigili, svegli, ma quando dormiamo, ciò che abbiamo trattenuto a livello onirico, inconsapevolmente emerge pur non ricordandolo appieno. La poesia allora rappresenta e può avere un alone di mistero.

Come definirebbe la sua poesia?

Una poesia che insegue l'emozione, una poesia eclettica, in grado di cogliere svariate tonalità, come le infinite combinazioni di colori. Una poesia che, alla pari di quello spartito musicale composto sotto l'azione colta di un musicista, si lascia comporre senza escludere a priori nel corso della sua composizione alcuna nota.

Come rapporta la realtà che vive alla poesia? La poesia è un tramite per vivere la realtà oppure è un punto di partenza?

Questa domanda mi ricorda lo stile di Gigi Marzullo, la mia realtà non è una poesia, come ritengo non lo sia quella di nessuno, ma in qualche modo è la poesia che legge la mia realtà, ma anche quella altrui, e va oltre il vissuto delle persone e delle cose, forse anticipa anche lo stesso vissuto, certamente la poesia non può essere per me un tramite per vivere la realtà, né un punto di partenza, ma spesso più che un riflettere la realtà è un riflettere sulla realtà, non necessariamente la mia.

C'è un poeta in particolare che ha come punto di riferimento e che va a rileggere ogni volta che ha bisogno di ispirazione?

Quando mi sento ispirato dal comporre una poesia, come anche un saggio di letteratura scientifica o letterale, se pur con finalità e modalità differenti, preferisco non avere punti di riferimento, come ad esempio leggere poesie di altri autori, questo per due motivi: evitare che possano in qualche modo condizionare le mie emozioni e secondo poi perché credo che il nuovo nasca e debba nascere dal nulla o dall' essere esattamente come l'inspiegabile magia della natura umana.

Quando scrive una nuova poesia ce l'ha tutta in mente o la elabora strada facendo?

È una bella domanda che mi è stata rivolta da tanti. Alcune poesie le scrivo di getto, come se venissi catturato da mani invisibili che muovono la mie sulla tastiera o che tracciano il tratto di penna, altre sono una trascrizione di ciò che per qualche strana ragione si è fissato nella sua completezza nella mia mente e mi limito a copiarla dalla memoria, sono dei versi che ri-trovo come se qualcuno li avesse collocati lì in un piccolo spazio, pronto per essere recuperati e trascritti. Quando ciò accade, e mi è accaduto diverse volte, la poesia partorita mi appare quasi estranea. Vi sono poesie che elaboro, si certamente, strada facendo, anche se magari non avevo piena intenzione di realizzare quel percorso, è il caso della poesia "il viaggio" nata sicuramente attraverso una elaborazione continua, come chi sta percorrendo un tragitto, "un Viaggio" e poco per volta si accorge che il precorso sta cambiando o sta per cambiare, si accorge che esiste un percorso migliore per raggiungere la metà, a volte un percorso più lungo, altre più breve, ma in entrambi i casi l'inizio e la fine della poesia devono giustificarsi a vicenda, devono dare un senso all'intero viaggio.

Qual è il suo pubblico ideale? A che lettore pensa quando scrive?

Il mio pubblico ideale è sicuramente un lettore attento ai dettagli, un lettore non svogliato, un lettore che non si perde per strada anche quando la poesia contiene tutti gli elementi per non smarrirsi, ma amo pensare anche ad un lettore che cerca e scopre gli elementi nascosti nella poesia. Devo dire che nelle mie poesie spesso riesce a trovarli, ma sono elementi che il lettore stesso trasferisce nella poesia, e questo mi arricchisce, perché significa che la mia è una poesia in grado di materializzare elementi differenti in differenti lettori, non privando o mascherando le sensazioni, le emozioni, ad alcuno.

Chi è la prima persona a cui fa leggere le sue poesie? È la stessa a cui fa leggere gli altri suoi scritti oppure no? Perché proprio lei o perché persone diverse?

C'è un target di persone a cui giro le mie poesie inedite che naturalmente hanno cura di non diffondere senza il mio consenso, l'ordine di queste persone è sempre diverso e ciò dipende dal tipo di poesia; alcune poesie, ad esempio, vengono lette per prime da alcuni, non necessariamente persone a me vicine o care, altre volte le stesse in precedenza scelte come prime, sono persone ultime a scoprirne e leggerne i versi, altre ancora sono lasciate all'oscuro, forse sono i legami che alcune volte avverto come più stretti, questo perché se mi accorgo di aver scritto una poesia che può apparire a taluno come autobiografica e che tale non è, non desidero che venga catalogata come tale e per tale ragione tendo a scegliere un lettore assai distante da me, preso dal mucchio. Questo modo di procedure ha una doppia funzione:

  • mi accorgo se la poesia è riuscita a toccare le corde emotive del lettore
  • così facendo, ho certezza che la poesia è non banale.
Quanto ha influenzato l'aver letto poesie sulla sua di poesia?

Non ricordo nessuna poesia che abbia influenzato il nascere la mia, è credo che sia giusto così, questo mi gratifica ancor di più, sapendo che, se apprezzata, non rappresenta una trasmigrazione di qualcosa di già letto o esplorato in altri testi poetici da parte del lettore.
Certamente non mi sono estranei alcuni poeti, paradossalmente quelli che mai approdano sui banchi di scuola, penso al poeta Khalil Gibran ad esempio, ma tanti altri apprezzabili poeti sconosciuti.

Diceva Emilio Salgari che "scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli". Lei, è d'accordo con questa affermazione oppure la pensa diversamente?

L'affermazione di Salgari mi porta a dare due differenti risposte, una in opposizione al suo pensiero, l'altra condividendola, ma in parte.

Emilio Salgari è stato un romanziere e in ogni romanzo è presente un viaggio, ma trovo che l'assenza del bagaglio non rifletta la condizione di un viaggio nella scrittura, ancor meno in un romanzo o nella letteratura scientifica, dove il bagaglio è necessario è spesso è necessario organizzarlo in modo accurato, perché a differenza del bagaglio fisico, una valigia colma di indumenti e di effetti personali, quello mentale non può in alcun modo essere assente. Trovo per questa natura parecchio strana o priva di ponderatezza da parte di Emilio Salgari questa personale riflessione.

Semmai è esattamente il contrario di ciò che accade rispetto a quando decidiamo di affrontare una vacanza, un viaggio in genere, se siamo viaggiatori sicuramente abbiamo fatto un bagaglio prima di partire, ma se siamo esploratori abbiamo bisogno di poche cose, ma indispensabili, poi strada facendo possiamo adattare il nostro bagaglio, integrarlo con acquisti necessari, alle esigenze delle nostre scoperte.

Anche la scuola ha il compito di offrire un bagaglio, ed è un bagaglio privo di fisicità, non ha un peso specifico, ma uno specifico peso, non quello dei libri che docenti ed alunni portano a scuola ogni giorno, un bagaglio pesante, quello che ciascun insegnante porta con se ogni giorno, anche quando lo vedete senza un libro, è un bagaglio fatto di molteplici consistenze, che vi offre quando vi invita a scrivere, a riflettere, quando vi detta la sintesi di un argomento.

Ed è lì che vi accorgete che scrivere può apparire una seccatura e che forse in quel momento, al contrario di quello che dice Salgari, vorreste fare una vacanza, fare un viaggio anche con un bagaglio fuori misura o al contrario, riflettendo e pensando che dopo tutto, per affrontare alcuni viaggi non avete di bisogno di portare con voi ingombranti bagagli.

12. Come mai ha pensato di scrivere una poesia sul virus?

La prima poesia sul virus, in realtà non è "il Viaggio", ma è una poesia dal titolo "È fu un attimo", in quella poesia molto breve, si avverte la tristezza veicolata dal virus, la condivisione di quel #uniticelafaremo.

Ecco, "il viaggio" è una poesia che posso dire, con tutta onestà, che era già scritta da qualche parte, stimolata dagli eventi, ma potrà apparirvi strano, è la cui lunghezza mi ha sorpreso, essendomi reso conto solamente alla fine di aver generato realmente "un viaggio", ed infatti il titolo della poesia nasce più che per descrivere il "virus" per sottolineare quel lungo viaggio che nella scrittura ha dato vita ed ha anche anticipato il comportamento del virus, una poesia prometeica.

Nella sua poesia io ho ritrovato il mercato della carne di Wuhan di cui ho letto sulla stampa. Sulle origini del COVID-19 si è detto molto; si va dalle teorie naturali a quelle complottiste, a quelle di errori commessi in laboratorio. Lei a questo proposito cosa pensa?

Nella poesia non parlo esplicitamente di Wuhan, ma questo è un passaggio che ho lasciato che elaborasse il lettore, anche perché posso dirvi che la certezza scientifica che il virus sia nato da quel mercato o da un altro non potrà fornircela nessuno, ma abbiamo una certezza: I virus precedono nella loro esistenza l'uomo, ed alcuni virus sono nati per proteggere l'uomo, se ne contano circa 1300, tra quelli ad oggi noti. Basti pensare al microbioma, ovvero l'insieme di batteri, protozoi, organismi unicellulari, virus e funghi che vivono nel corpo dell'uomo: sulla pelle, nelle vie respiratorie, urinarie, nel tratto urogenitale, ma soprattutto nell'apparato digerente.

Sicuramente non possiamo escludere che il virus più nocivo spesso si annida nella mente dell'uomo, in grado anche di generare o manipolare virus esistenti, ma se ci soffermiamo alle epoche passate, alle pandemie passate, i virus come il COVID - 19 ed anche con un indice di infezione e contagio assai più alto, all'epoca non sono nati da nessun laboratorio, la scienza non era ancora così progredita da poter manipolare dei virus. Mi piace pensare, come nella poesia, che la natura, infondo, sappia sempre ciò che fa e che l'uomo dovrebbe averne maggior rispetto.

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